La cura è nella terra: la nostra riflessione sui lavori per la realizzazione del nuovo autoporto a San Didero

Nella notte tra il 12 e il 13 aprile 2021 è stato sgomberato il presidio dell’ex autoporto di San Didero per permettere l’inizio dei lavori per la realizzazione del nuovo autoporto.

Perché un nuovo autoporto? E perché questo ha a che fare con il TAV? Procediamo con calma.

UN AUTOPORTO C’È(RA) GIÀ

Tra autoporti, ex-autoporti e nuovi autoporti fare confusione è davvero facile. 

Al momento, l’autoporto attivo e funzionante c’è ed è quello di Susa, nella zona vicino all’uscita dell’autostrada. E come mai ne vogliono fare un altro? 

La costruzione del nuovo autoporto di San Didero è strettamente legata alla realizzazione del progetto TAV: l’autoporto di Susa sarà dapprima trasformato in sito di stoccaggio per lo smarino (materiale estratto dal tunnel nella montagna), poi, in un secondo momento, diverrà stazione internazionale della linea ad alta velocità. 

Nonostante le roboanti promesse sulla scomparsa del passaggio di camion in autostrada, a quanto pare la costruzione di un nuovo autoporto risulta essenziale. Ma come mai si parla di ex-autoporto? Se ne parla perché esattamente dove si vuole costruire la nuova infrastruttura a San Didero, negli anni ’70 erano iniziati i lavori per costruire un autoporto. Si innalzarono due casermoni – con tanto di uffici e parcheggi – e poi si decise di spostare tutto a Susa. 

Dunque, ricapitolando, negli anni ’70 il passaggio di camion in Val di Susa iniziò a crescere esponenzialmente e così si valutò come necessaria la costruzione di un autoporto che potesse permettere la sosta e il rifornimento dei tir. L’area individuata fu quella di San Didero e lì si iniziò a costruire. 

Una volta terminate le strutture principali, il progetto venne sostituito con quello di Susa e gli edifici vennero lasciati in stato di abbandono per più di 40 anni. Intanto, come risaputo, a partire dagli anni ’90 venne promosso il progetto Tav, che delinea tra gli obiettivi proprio quello di diminuire drasticamente il passaggio dei camion. 

Il progetto è cambiato più volte e, alla fine, si è deciso che la stazione internazionale si dovrà fare proprio all’autoporto di Susa. Quindi, con uno straordinario senso dell’efficienza, è stato deciso che l’autoporto dovrà nuovamente essere costruito a San Didero, sulle ceneri di quello abbandonato più di 40 anni fa

L’OCCUPAZIONE E LO SGOMBERO

A partire da dicembre 2020, attivisti e attiviste del movimento no tav hanno occupato l’ex autoporto nel tentativo di ostacolare l’inizio dei lavori. “La cura è nella terra” è stato il principale messaggio politico inviato dai presidianti, in contrapposizione allo sfruttamento perpetrato tramite la cementificazione e la costruzione di grandi infrastrutture. 

In un’epoca in cui la natura pare essere ridotta a mero strumento dell’uomo, l’esperienza di San Didero ha cercato di ribaltare il paradigma tramite la tutela e la cura del territorio. Uno spazio libero e liberato, in cui l’attenzione nei confronti dell’altro e della natura si è espressa nelle diverse attività proposte. 

Nella notte tra lunedì 12 e martedì 13 aprile le forze dell’ordine hanno proceduto allo sgombero dell’area per lasciare spazio al nuovo, ennesimo, cantiere. Le modalità di sgombero sono state piuttosto dure e hanno visto il lancio di lacrimogeni ad altezza uomo, una prassi molto pericolosa e illegale. 

Come se questo non bastasse, la zona della Valle in cui si trovano i comuni di San Didero e Bruzolo è stata pesantemente militarizzata, più di quanto non fosse già stato fatto prima, con forze dell’ordine che presidiano le strade, come ci si potrebbe aspettare in un territorio di guerra e di sicuro non in una valle alpina. 

RIFLESSIONI FINALI

Quello che sta accadendo in Valsusa è semplicemente assurdo. Un’opera senza alcun sostegno scientifico viene imposta a una popolazione da sempre dichiaratamente contraria. Diversi studi super partes hanno dimostrato l’insostenibilità economica ed ecologica del TAV

La dimensione del profitto privato è ormai esplicitamente il principale riferimento degli organismi pubblici e, alla fine, a pagare sono e saranno cittadini e ambiente. In un mondo che non giri al contrario, niente di tutto ciò sarebbe stato immaginabile e un’opera inutile e dannosa per l’ambiente sarebbe semplicemente stata scartata. 
Purtroppo le cose non vanno così. 

È per questo che ribadiamo che “Ecologia è Politica”: il TAV non è un’eccezione, ma l’ennesima dimostrazione che alla base della distruzione ecologica c’è un modus operandi consolidato che ha nel potere e nella massimizzazione del profitto i propri cavalli di battaglia.

In un’epoca in cui i profitti e le comodità personali guidano le nostre scelte, stiamo completamente perdendo il rapporto con la natura e con chi ci sta accanto. Il presidio di San Didero è stata un’occasione per riflettere sulle priorità e per mettere in pratica una quotidianità differente

In questi giorni in Valle stiamo assistendo a una forte mobilitazione che vede coinvolte persone di tutte le età, soprattutto moltissimi e moltissime giovani: un altro futuro è possibile! 

SIAMO COMPLICI E SOLIDALI ALLE PERSONE CHE HANNO OCCUPATO L’EX AUTOPORTO E CHE STANNO CONTINUANDO A MOBILITARSI IN QUESTI GIORNI.

LA CURA È NELLA TERRA!

Vuoi approfondire?
Di seguito troverai le fonti che ci hanno permesso di scrivere questo articolo:

Quaderni Osservatorio
Pagg. 23-35 dal Quaderno dell’Osservatorio 10
Impatto ambientale legato ai lavori di costruzione
Inizialmente si prevedeva che la costruzione della tratta transnazionale producesse circa 12.967.000 t.eq di CO2 (dato preso da Quaderno 8 dell’Osservatorio, pag. 250; grafico da Quaderno 15 dell’Osservatorio, pag. 104).
Con il progetto “low cost” (realizzazione solo della fase 1 del progetto) il bilancio del carbonio è sceso a circa 8.000.000 t.eq di CO
2“.

Lievitazione dei costi della tratta transnazionale rispetto ai costi certificati del 2012

Da 8.900.000.000 € a 9.600.000.000 € (Delibera CIPE n. 67/2017).

Ritardi nella realizzazione delle infrastrutture europee (Corte dei Conti europea n. 10/2020)

Ultima analisi costi e benefici

Analisi sulla rete ferroviaria ad alta velocità europea (Corte di Conti europea n. 19/2018)

Smentita previsioni traffici progetto 2012 (VERIFICA DEL MODELLO DI ESERCIZIO PER LA TRATTA NAZIONALE LATO ITALIA FASE 1 -2030, pag. 58)

Nuove 150 ragioni contro la Torino-Lione

Pericolosità lacrimogeni al CS e abusi delle forze dell’ordine nell’utilizzo

Danni all’uomo e all’ambiente del gas lacrimogeno CS di Massimo Zucchetti

Coronavirus e cambiamenti climatici: quali sono i nessi?

Entrambi i fenomeni hanno innumerevoli, e spesso ancora sconosciute, cause ed effetti, e si intrecciano quindi su molti piani. Ne proponiamo qui tre, che stanno emergendo chiaramente dai dati finora a disposizione.

ORIGINE DEI VIRUS
Partiamo dall’origine delle principali epidemie degli ultimi decenni. Alla base di Ebola, Sars, Mers, e, sembrerebbe, anche Coronavirus è il fenomeno del “salto interspecifico”, ovvero il momento in cui un patogeno passa da una specie ospite, in questo caso animale, a un’altra, umana: tutte sono quindi di origine animale. A provocare la loro diffusione è stata la progressiva distruzione degli habitat naturali dove erano conservati (e limitati) i virus. L’incessante avanzare dell’uomo in foreste custodi di un’enorme biodiversità e la deforestazione finalizzata allo sfruttamento delle risorse e all’urbanizzazione hanno cancellato le barriere tra noi e questi virus. Unendo questo fenomeno al commercio illegale di specie selvatiche, si può capire come la distruzione di ecosistemi naturali porti ad un aumento del rischio di contagio per l’uomo, vettore perfetto per l’espansione di virus, in quanto animale ad alta concentrazione e ad alta mobilità.

DIFFUSIONE E COMORBILITA’
Secondo uno studio prodotto dalla Società italiana di medicina ambientale (Sima) insieme con le università di Bari e di Bologna, sembra esistere una relazione diretta tra il numero di casi di Covid-19 e lo stato di inquinamento da Pm10 dei territori. Nel periodo dal 10 al 29 febbraio, i giorni chiave per l’esplosione dell’epidemia nel Nord Italia, si sono registrate concentrazioni elevate superiori al limite di Pm10 in alcune Province del Nord Italia che potrebbero aver contribuito nella Pianura Padana alla diffusione virulenta dell’epidemia, che non si è osservata in altre zone d’Italia dove si erano verificati casi di contagio nello stesso periodo. Una correlazione tra virus e inquinamento era già stato osservato nel 2010 per l’influenza aviaria, poi per il virus respiratorio sinciziale e il morbillo che a più riprese tra il 2016 e il 2019 ha colpito diverse regioni cinesi.
In primo luogo dunque, emergerebbe dallo studio che il particolato funziona da vettore di trasporto per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. I virus si ‘attaccano’ (con un processo di coagulazione) al particolato atmosferico, costituito da particelle in grado di rimanere in atmosfera anche per giorni o settimane, e che possono diffondersi ed essere trasportate anche per lunghe distanze, permettendo al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni.
Il secondo fattore provocato dallo smog è invece una questione di intensificazione degli effetti.
I dati dimostrano che quando la concentrazione di Pm 2,5 supera i 10 milligrammi per metro cubo, anche la mortalità aumenta dello 0,6 per cento per patologie cardiorespiratorie. L’esposizione agli inquinanti provoca patologie fatali che non ci sarebbero altrimenti, che permettono al Coronavirus di causare più morti del previsto, colpendo individui che hanno già un apparato respiratorio compromesso o vulnerabile.

DIMINUZIONE DELLE EMISSIONI : PROSPETTIVE FUTURE
Fin dallo stop alla produzione nella zona colpita in Cina, noi ecologisti abbiamo voluto vedere nella tragedia della pandemia una possibilità per l’ambiente. A febbraio le misure adottate dalla Cina hanno provocato una riduzione del 25 per cento delle emissioni di anidride carbonica rispetto allo stesso periodo del 2019: duecento milioni di tonnellate in meno, l’equivalente delle emissioni prodotte in un anno dall’Egitto. Secondo una stima, questo ha evitato almeno cinquantamila morti per inquinamento atmosferico, cioè più delle vittime del Covid-19 nello stesso periodo. Diminuzioni simili stanno avvenendo ora nel Nord Italia, nonostante parte della produzione sia ancora attiva.
Le emissioni di anidride carbonica legate alle attività umane sono state in aumento fin dalla Rivoluzione industriale, con la progressiva industrializzazione di tutti i paesi del mondo, ma nell’ultimo secolo è capitato varie volte che importanti eventi storici abbiano avuto un impatto sulla produzione e quindi sull’inquinamento atmosferico, gravi crisi che hanno coinvolto gran parte del mondo: le guerre mondiali, le crisi economiche mondiali e avvenimenti con grandi conseguenze geopolitiche, come il crollo dell’Unione Sovietica. La questione è, però, cosa capiti dopo. Dopo tutte le crisi e le recessioni, i governi hanno meno risorse da investire nei progetti virtuosi e tendono a favorire la ripresa delle attività produttive tradizionali, con un’intensità di emissioni maggiore di prima.
La necessaria ripresa potrebbe quindi rivelarsi un pretesto per i governi mondiali per fare marcia indietro rispetto agli accordi sul clima, ai progetti di transizione energetica e ai divieti sulla plastica, ed un pretesto per l’Europa per accantonare il Green Deal previsto, in nome dell’esigenza di risollevare l’economia.
Ma potrebbe anche essere la nostra ultima occasione per far comprendere a tutti e tutte che la più grande emergenza del nostro tempo è il cambiamento climatico, e che quando un problema è considerato di assoluta priorità a livello mondiale, tutti i governi si attivano per fronteggiarlo.
Quindi, per quanto sia probabile che per far riprendere la produzione si vorrà sacrificare l’impegno ecologico, è nostro compito fare in modo che questo non accada. E’ ora più che mai evidente come il sistema neoliberista, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali e le disuguaglianze a livello globale non siano più sostenibili.
Questa pandemia è una tragedia, ma rappresenta una possibilità: sfruttiamola.

FONTI
Relazione tra distruzione degli ecosistemi e diffusione dei virus
– https://www.knaturewildlife.com/il-caso-covid-19-puo-la-p…/…
– https://www.quotidiano.net/…/coronavirus-causa-wwf-1.5068399

Inquinamento dell’aria e mortalità
– https://www.ilfattoquotidiano.it/…/la-valle-del-po…/5742937/ (se non abbonati, possiamo fornirvi l’articolo per intero noi)
– https://it.businessinsider.com/sembra-che-il-covid-19-col…/…

Diminuzione delle emissioni oggi: ma che effetto a lungo termine?
– https://www.ilpost.it/…/coronavirus-inquinamento-emissioni/…
– https://www.internazionale.it/…/20…/03/19/coronavirus-clima…

La pallottola è la pandemia, l’arciduca Francesco Ferdinando è il neoliberismo. O cambia il sistema o soccombiamo tutti. https://www.limesonline.com/coronavirus-crisi-finanz…/117226

5 buoni motivi per fare la raccolta differenziata

Ecco a voi 5 buoni motivi per fare la raccolta differenziata:

1. Dividere i rifiuti in base al loro materiale negli appositi cassonetti è il miglior modo per permettere alle industrie di riciclare e quindi, riutilizzare per nuovi prodotti gli stessi contenitori. Questo fa sì che non si creino sempre nuovi involucri che andranno smaltiti in inceneritori o posati in discariche maleodoranti e tossiche non solo per noi essere viventi, ma anche per il suolo e l’atmosfera.

2. Si possono creare nuovi oggetti, quali capi d’abbigliamento, scarpe, borse, zaini e tanto altro riciclando la plastica. Basti pensare alle Ocean Plastic Trainer, ossia un modello di scarpe da ginnastica derivate da un filamento di plastica raccolto nell’oceano.

3. Si sprecano meno risorse derivanti dalla Terra poiché si riusano gli stessi materiali per i contenitori e non solo.

4. L’aria e il suolo saranno meno tossici e non andranno a contaminare ciò che raccogliamo dal terreno, quali verdura, tuberi e molto altro.

5. Le risorse non rinnovabili non si esauriranno dunque in tempi brevi e l’inquinamento dell’atmosfera si assottiglierà per non aggravare l’effetto serra.

Come reinventare i tappi di bottiglia: tante idee creative!

Come unire l’ecologia e la birra? Ovviamente parlando di riciclo, ma soprattutto di riutilizzo. In questo articolo potete trovare idee creative per riutilizzare i tappi delle vostre bottiglie di birra.

Magnetini e puntine
Potrete trasformare i vostri tappi di bottiglia in magnetini per decorare il frigorifero o in puntine per la vostra bacheca. Basta posizionare sul retro di ogni tappo una piccola calamita o una puntina da disegno. Ogni tappo è personalizzabile rivestendolo con degli adesivi o con delle immagini ritagliate dalle pagine delle vecchie riviste.
Fonte foto: https://www.marthastewart.com/270932/bottle-cap-magnets-and-thumbtacks
Candeline alternative
Dovrete utilizzare i tappi di bottiglia come base e lasciare colare la cera al loro interno. Si tratta, in questo caso, di candeline decorative, che potrete utilizzare come segnaposto o per creare un centrotavola. Oltre ai tappi così potrete riciclare anche gli avanzi delle vecchie candele. Vi basterà fondere la cera rimasta a bagnomaria.
Fonte foto: https://i.pinimg.com/736x/7c/f0/ca/7cf0caa1f4e9141ed2804db69a701db5.jpg
Sottobicchieri
Grazie ai tappi di bottiglia potrete creare dei sottobicchieri o dei sottotazza. Potrete utilizzare una base di cartoncino robusto, di compensato o di sughero. Dovrete incollare i tappi alla base dei sottobicchieri con la colla a caldo. La base del vostro sottotazza potrà essere di qualsiasi forma, ad esempio circolare o quadrata.
Fonte foto: https://www.diytomake.com/37-diy-ways-to-recycle-bottle-caps/
Sonagli al vento
Servono solo due forellini su ogni tappo per far scorrere il filo di nylon.
Il vento in Valle non ci abbandona mai, questo è un modo per sfruttarlo per creare dolci melodie!
Fonte foto: https://www.eticamente.net/45832/riciclare-i-tappi-della-birra.html?cn-reloaded=1
Gioielli
Dai rifiuti possono nascere dei gioielli riciclati di design. Un tappo di bottiglia può trasformarsi facilmente in un ciondolo o in un ornamento per una collana o un bracciale dalla struttura metallica. Oppure si possono realizzare orecchini e anelli, personalizzando i tappi rivestendoli grazie alla tecnica del decoupage.
Fonte foto: https://www.tuttogreen.it/riciclo-creativo-dei-tappi-di-bottiglia/
Decorazioni
Molto semplice è la creazione di personaggi e decorazioni differenti per ogni stagione o occasione di festa. Anche i bambini si possono divertire molto e possono dare spazio alla loro fantasia e creatività!
Fonte foto: http://www.mammainprogress.it/festivita/decora-il-natale-con-mamma-progress-pupazzo-di-neve-coi-tappi-di-bottiglia.html

Largo alla creatività!

Come riutilizzare le bottiglie di vetro: 5 idee per un riciclo creativo

1.Per realizzare un vaso da fiori basta riempire la bottiglia con dell’acqua e inserire i fiori, dopodiché la si può appendere al soffitto con un filo trasparente per creare un effetto ”volante” oppure la si può semplicemente appoggiare su di una superficie piana come quella di una mensola o di un tavolo o di un mobile. Insomma potete metterla dove vi pare e piace!

2.Con una bottiglia di vetro si può persino ricreare l’atmosfera marina aggiungendo della sabbia, delle piccole conchiglie e delle pietre colorate. Così facendo ogni volta che avrete nostalgia del mare basterà togliere il tappo e odorare i suoi profumi.

3.Per i più temerari è possibile realizzare le gambe di uno scaffale con le bottiglie ma è già un lavoro più complicato che richiede una parte di lavorazione con il legno. E’ comunque un’idea originale!

4.Adatte alle cene romantiche ma anche come sostitute di abat-jour sono le bottiglie riempite con le lucine piccole volendo anche multicolore.

5.Quest’ultima idea è la più complicata poiché richiede il taglio della bottiglia. Esso si applica mettendo del filo di lana intorno al punto in cui di desidera dividere la bottiglia, fatti tre giri si fa un nodo e si toglie il filo per immergerlo nell’acetone. Dopodiché lo s’infila bagnato e gli si dà fuoco girando piano piano la bottiglia. Infine, s’ immerge la bottiglia nell’acqua gelata in cui si sentirà il rumore del vetro che si rompe. A questo punto si può quindi girare il collo della bottiglia dentro l’altra parte spezzata, si aggiunge una retina, terra e una piantina e si ottiene un vasetto del tutto unico!

Foto da: www.pinkblog.it; www.infoarredo.it; i.pinimg.com

5 cose che (forse) non sapevi sulla birra

1. La birra è stata inventata nell’antica Mesopotamia, dove oggi è vietata.
Prove scientifiche confermano che la prima produzione di una bevanda, nata dalla fermentazione dei cereali, risale a 7000 anni fa, in Mesopotamia.
Sempre in Mesopotamia, intorno al 1800 a.C., è nata la prima legge sulla birra: stabiliva che ogni cittadino ne avesse una razione giornaliera.
Attualmente però questo territorio è occupato dall’Iran, dove oggi è severamente vietata consumarla per via delle usanze e delle leggi islamiche. Chi beve birra può essere punito addirittura con frustate e con il carcere… ma non in tutto il mondo è così. Infatti in altre nazioni, la birra ha persino una festa nazionale: da Monaco di Baviera in Germania (sede dell’Oktoberfest) a Qingdao in Cina (dove si tiene il Festival internazionale della birra).

2.La birra ha innescato la rivoluzione agricola.
La crescita della domanda di birra nel XVII secolo è fra i fattori che hanno spinto gli agricoltori delle Fiandre e del Brabante ad abbandonare la rotazione biennale a favore di una rotazione pluriennale con pascoli al posto del maggese.
Questo sistema fu studiato dall’inglese Richard Weston e divenne famoso come “sistema di Norfolk“.
Curiosità della curiosità: il suo utilizzo nell’Inghilterra del XVIII secolo fece impennare le richieste di aratri e attrezzi in metallo innescando la rivoluzione industriale.

3.I primi mastri birrai.
I primi mastri birrai della storia erano… donne!
Nell’antico Egitto agli uomini era persino vietato produrre birra, una tendenza che si è ovviamente persa con il passare degli anni. Il motivo non è ben chiaro: ciò di cui siamo certi è che, tuttavia, le donne che finiscono con l’appassionarsi al mondo della birra e alla sua realizzazione sono sempre di più. Che vogliano riscattarsi e riacquistare il loro ruolo dominante nel settore? Staremo a vedere!

4.La birra eccita il cervello maschile.
Una bella bionda – in pinta -, la partita in tv e gli amici sono gli ingredienti giusti per un uomo, qualcosa di molto vicino al Paradiso. Ma cosa avrà mai di tanto speciale la birra agli occhi, e alle papille, maschili?
Una ricerca dell’Indiana University School of Medicine (USA) lo rivela: la birra stimola nel cervello maschile la produzione di dopamina, un neurotrasmettitore rilasciato in concomitanza di stimoli legati al piacere e alla ricompensa.

5.La birra non è vegana.
Molti saranno stupiti, ma per fare la birra serve lo zucchero, e per fare lo zucchero serve il carbone animale.
Cos’è il carbone animale? Ossa di animale bruciate a 400-500 °C che hanno il potere di assorbire determinate sostanze. È usato per togliere il fluoro dall’acqua, per eliminare residui di rame, zinco e cadmio oppure, appunto, per raffinare lo zucchero secondo un procedimento brevettato da Louis Constant nel 1812.
Nell’elenco delle possibili sostanze animali contenute nella birra ci sono anche la colla di pesce, la gelatina animale, la glicerina o caseina, gli insetti (che possono essere impiegati per i coloranti) e in alcuni casi addirittura il lattosio derivante da latte bovino, soprattutto per birre “dolci e cremose”.
Ma amici vegani, state tranquilli! Le birre artigianali infatti vengono di solito realizzate con l’impiego di ingredienti vegetali e passaggi di lavorazione che non prevedono l’aggiunta di sostanze e procedimenti di miglioramento di gusto, consistenza o colore.